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La maturità

Photo by  Quang Nguyen Vinh

La tentazione del fondatore



"La Strage degli innocenti"
dipinto a olio su tavola (39x59 cm)
attribuito a Ludovico Mazzolino

Con l'aiuto sapiente delle analisi di Luigino Bruni continuiamo a proporvi alcune riflessioni tratte da un suo ottimo articolo che consigliamo di leggere per intero: vai al sito. Citandone alcuni passaggi proveremo a dialogare col testo e porre alcune domande. Facciamo finta che questa analisi del Bruni sia stata scritta pensando al Movimento dei Focolari e a Chiara Lubich. 

(...) Le organizzazioni sono organismi vivi che evolvono e cambiano nel tempo. Molte trasformazioni sono buone e generative di vita. Altre lo sono meno, alcune conducono su infelici sentieri di declino. 
(...) Un fenomeno particolarmente rilevante è il cosiddetto "cambiamento di missione" (mission shift), che si verifica quando le organizzazioni, i movimenti, le associazioni, durante il loro sviluppo diventano qualcosa di diverso e si allontanano dallo scopo che le aveva generate...
  • Non è certo un mistero che per tanti in seno al Movimento dei focolari ci sia un leggero malcontento perché per tanti aspetti si assiste inermi alla trasformazione in una sorta di Onlus sia delle strutture che della "mission" dell'Opera. Siamo sulla giusta strada? Chiara una volta disse:

    "Occorrono cuori toccati da Lui, che non lo sfuggono, lo amano, lo scelgono e trovano in lui la luce e la forza per non fermarsi nel trauma, nello spacco della divisione, ma per andare sempre al di là e trovarvi rimedio, tutto il rimedio possibile."

  • Non rischiamo di troppo incontrismo, troppe parole, troppe commissioni, troppo tutto, e alla fine perdiamo di vista il trauma, lo spacco e la divisione dove invece dovremmo tuffarci anima e corpo? Non siamo nati per questo?
(...) Il cambiamento della missione e la tensione tra mezzi e fini sono fatti importanti in ogni forma di vita organizzata, ma sono decisivi in quelle realtà che nascono da ideali, da carismi, da "missioni" grandi e complesse. Qui il cambiamento di missione non è soltanto un processo delicato, ma può condurre anche alla loro morte.
  • Davvero stiamo rischiando l'estinzione? 
(...) In queste comunità e movimenti si muore anche trasformandosi in qualcosa di troppo diverso dal carisma originario – e qualche volta si è già morti anche se l’organizzazione sembra essere in grande salute. 
  • Fa male ammetterlo, anche pensando solo alle nuove vocazioni.
(...) La scoperta di ogni identità non è mai un’operazione narcisistica, ma è dono che riceviamo da chi sa guardarci diversamente. E un carisma non è mai dato per l’auto-consumo della comunità che lo incarna. (...) Quando non sentiamo più il bisogno che qualcuno diverso da noi legga il messaggio che portiamo... e cerchiamo specchi per interpretarci da soli, i carismi diventano faccende minime, socialmente irrilevanti se non dannose, e si spengono presto.
  • Noi siamo nati per il "Tutti siano uno", com'è che ci siamo chiusi a riccio così tanto da essere talvolta impermeabili a qualsiasi imput dall'esterno? Di nuovo: non rischiamo davvero in maniera seria di spegnerci?
(...) Altre volte, però, non sono le opere e le attività a snaturare le comunità ideali e a farle morire. In certi casi è la stessa comunità figlia del carisma che finisce per ucciderlo. (...) Riforme mancate o ritardate, una crisi talmente radicale e devastante per essere superata. Qui le generazioni successive a quella della fondazione non riescono a custodire e a far crescere il carisma: il fondatore genera figli che finiscono per uccidere il carisma che hanno ricevuto in eredità.
  • È vero. Qua occorre un serio esame di coscienza da parte di tutti. 
(...) Chi fonda una comunità teme più di ogni altra cosa che la generazione successiva, i suoi "figli", smarriscano e tradiscano l’identità carismatica... Ma questo fondatore sa, o dovrebbe sapere, che l’errore veramente mortale è trasformare quella paura naturale in fobia o in panico, e così bloccare e impedire la continuazione dell’esperienza originaria. (...) Nella fondazione di una realtà ideale o carismatica arriva allora puntuale il momento in cui i fondatori passano attraverso questa specifica e decisiva prova. La possibilità della continuazione dell’esperienza carismatica oltre il fondatore, e quindi il passaggio del carisma da una generazione a un’altra, sta quasi tutta nella capacità di gestione di questa tensione vitale, inevitabile, decisiva. Deve vincere la tentazione di non mettere la generazione che verrà dopo di lui nella condizione di poter veramente nascere, vivere e crescere. 
  • È ipotizzabile che Chiara stessa per alcuni aspetti sia stata vittima di questo panico. "Non toccate il bambino" riferito alla sua Opera non è forse il segnale che ad un dato punto abbia avuto paura che tutto si snaturasse?
(...) L’ultima e più grande tentazione di ogni fondazione carismatica è impedire al "figlio" di nascere per paura che uccida il padre. Il carisma viene totalmente identificato dal fondatore con la sua persona, blindato per renderlo intrasmissibile, impedendogli così di rinascere molte volte nelle molte generazioni. E allora il carisma muore insieme al fondatore. (...) Tante comunità sono morte semplicemente così, per mancanza di generosità, ciò che impedisce loro di generare veramente. Più un carisma di fondazione è grande, più forte è la tentazione di non generare per paura di morire. Nessuna fondazione di una comunità può sottrarsi al rischio della sua degenerazione, perché se lo fa, degenera sicuramente: se evolve si può perdere lungo la strada, ma se impedisce l’evoluzione si perde con certezza.
  • È difficile ammetterlo ma in questo Luigino Bruni ha davvero centrato il bersaglio e le sue parole suonano come un cembalo a morto. Una profezia funesta che interpella e ci chiede di guardare in faccia anche i possibili errori commessi da Chiara e dal Centro dell'Opera. 
(...) Le comunità si generano e rigenerano quando chi le ha fondate o rifondate è capace di far nascere altri uomini e donne che diventano liberi al punto di donare la loro vita per la stessa "missione" dei fondatori. In questa libertà si nasconde anche la possibilità di abusare, snaturare, ferire, persino uccidere il dono. (...) Senza questo dono di libertà radicalmente rischiosa e vulnerabile, i carismi non fioriscono nel tempo, appassiscono per mancanza di figli, o perché i figli generati e poi fatti crescere senza questa libertà diventano troppo "piccoli" per poter ripetere i miracoli della prima generazione.
  • Perché allora non ricominciare tutto da questa libertà? Rifondare tutto in maniera che sia garantita a tutti? Non è forse arrivato il momento di rinunciare al "controllo"? Perché ammettiamolo: la tentazione che ci ha portati sino a qui è stata proprio il voler controllare tutto e tutti, al limite della nevrosi.  



Commenti

  1. Per tutta la vita pensi di poter controllare tutto...poi un giorno scopri che il vecchio detto tutti noi siamo unici nessuno indinspensabile è quanto di più vero si possa pensare..te ne sei andato e magari scopri pure che tanta gente non vedeva l'ora di prendere il tuo posto

    RispondiElimina

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