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La fedeltà

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La maturità

Frutto maturo

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Guidati da un ottimo articolo personale e sofferto di Luigino Bruni "Le buone doglie della vita adulta" (lo trovate qua) proviamo a porci qualche domanda sulla profonda crisi vocazionale che sta attraversando la consacrazione al focolare e di conseguenza tutto il Movimento dei Focolari. 
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(...) Quando abbiamo a che fare con persone che vivono e crescono all’interno di comunità ideali o carismatiche, la metamorfosi della maturità è un momento cruciale e ad alto rischio di fallimento. Tocca il cuore della vocazione stessa, che una volta attraversata questa fase cambia radicalmente, anche in quegli aspetti che prima sembravano assoluti e immutabili.
(...) 
  • Questa è davvero un'esperienza molto importante che tocca un nervo scoperto della vita nel Movimento dei Focolari: Chiara ci ha insegnato come essere "popi", bambini evangelici, ma talvolta questa disposizione dell'anima ha reso difficile una maturazione adulta delle vocazioni e contribuito ad un certo dilagante infantilismo nella prassi della vita focolarina. 

  • Come conciliare quindi l'essere popi con l'essere adulti? 

  • È possibile o è un principio di schizofrenia?
(...) L’entrata nella maturità assume la forma della crisi. Si manifesta nel disagio, nella critica, nella tensione nei confronti della comunità nella quale siamo cresciuti e fioriti. Dopo molti anni luminosi e sereni, un giorno lo sguardo del cuore muta, e la "casa"nella quale era sbocciata la nostra storia più grande inizia a mutare aspetto. Non la sentiamo più come un luogo buono e amico, e l’intimità diventa estraneità. Si spezza qualcosa dentro, e ciò che fino ad allora era stata la nostra prima bellezza e il nostro grande orgoglio, la cosa che si raccontava subito ad amici e colleghi, diventa distante, scomoda, fredda. Si torna la sera dal lavoro, si apre la stessa porta, ma non si entra più a casa. (...) 
  • Evidentemente Bruni parla e racconta con sofferenza la sua esperienza personale. Alcuni forse si ritroveranno in questa sua disperazione altri hanno vissuto altri toni e sfumature della stessa tragedia. 
(...) Qualche volta il processo della crisi è lento, e dura molti dolorosi anni; altre volte, invece, è molto rapido, e nel giro di poche settimane o mesi l’anima si riempie di una sofferenza spirituale profonda, che in molti casi prende anche il corpo e la psiche.(...) 
  • La crisi quindi è costitutiva del processo di maturazione. Ma tanti di noi hanno vissuto l'esperienza di vivere in focolari che non erano "attrezzati" e pronti ad accogliere la crisi. Questa mancanza e questa poca apertura d'anima e cuore rappresenta un grosso problema umano e spirituale al contempo. 

  • Considerando come ben rimarca Luigino che ci si ammala di "crisi" e a farne le spese oltre l'anima e la psiche è anche frate corpo, come fare per essere più preparati singolarmente e come comunità per far fronte a questo passaggio ineluttabile della vita di ciascuno? 
(...) Al culmine di questa crisi si resta dentro le stesse comunità della prima vocazione solo se a un tratto si riesce a capire che tutto quanto sta accadendo è una cosa molto buona, che è solo e tutta benedizione, che siamo dentro le doglie del buon parto della vita adulta. Che il passato non era solo inganno, ma soltanto la bella infanzia della nostra vita, anche se necessariamente diversa da come l’avevamo sognata. 
  • Capire che la crisi è una benedizione non è un compito semplice soprattutto se non si è aiutati e sorretti dai propri responsabili e fratelli di focolare. Talvolta i facili slogans e formulette che purtroppo ci ripetiamo speranzosi che abbiano un esito magico, come "È G.A. devi abbracciarlo", "È una prova di Dio..." non aiutano ma possono peggiorare al crisi in corso. 
(...) si riesce ad accogliere e ad amare l’idealizzazione della giovinezza, come si amano i ricordi più belli di ogni infanzia. E si ringrazia la vita e chi ci ha messo nelle condizioni di libertà per poter arrivare a vivere la crisi della maturità, e la ferita diventa grande benedizione. E poi si continua il cammino con una nuova maturità e libertà. Da figli si diventa madri e padri della propria comunità. (...) Questi spettacoli, però, sono rari. In molti casi, infatti, le vocazioni non riescono a raggiungere questa crisi benedetta della maturità, anche quando erano grandi, autentiche, sincere. Perché ci si ammala di una malattia tanto grave quanto comune.(...) 
  • È interessante che qua Bruni utilizzi il termine "malattia" e che onestamente sappia bene che l'idealizzazione della giovinezza il più delle volte non giunga alla benedetta maturità.

  • Nella vita in focolare ci sono forse alcune impostazioni che riteniamo cruciali e responsabili di questa maturità mancata?

  • Come mai il raggiungimento della maturità è un evento raro? Non dovrebbe essere vero il contrario? (sarebbe interessante chiedere la Bruni un'analisi in questo senso della sua esperienza di focolarino: dove, a suo parere, sta l'intoppo?)
(...) La vocazione è una chiamata di tutta la persona, con tutta la sua dote umana, e matura bene se a rispondere è tutta la persona. Ci si ammala, invece, se una dimensione diventa l’unica dimensione identitaria. Prima Franco era un giovane amante della musica, degli studi, con molti amici e amiche, appassionato della montagna. Rispondere alla chiamata diventa il suo unico interesse... vuole e chiede solo questo. Non capisce che la chiamata è un invito alla fioritura di tutto il campo della sua vita – musica, studi, amici, montagna –, di tutte le sue passioni vere, di tutti i suoi talenti che sono chiamati a moltiplicarsi e a trascendersi, perché se non sbocciano si infettano e avvelenano tutto il corpo.(...) 
  • Qua il problema affonda le sue radici nel vangelo stesso e poi nella sua  interpretazione. Mt 19, 21 «Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; e vieni! Seguimi!»

  •  Possiamo ancora dire che la vocazione al focolare sia davvero "una chiamata di tutta la persona, con tutta la sua dote umana"?
(...) Senza orientare tutte le dimensioni della vita a quella nuova e principale, non inizia nessun cammino vocazionale, ma se questa operazione di riduzionismo si compie davvero la persona appassisce e si spegne – sta qui un grande paradosso di tutte le vere vocazioni. 
  • Chiara ha insegnato a rinunciare a tutto, anche alla propria personalità, alla propria individualità per seguire Dio e essere capaci di vivere in unità.
     
  • Non è che proprio questa abnegazione richiesta dalla fondatrice rechi in sé un serio problema e non sia proprio quel principio di riduzionismo che contribuisce a far appassire e spegnere le anime?  

  • È forse questo il paradosso della vocazione al focolare?
(...) All’inizio del cammino la persona non sa, non può e in un certo senso non "deve" sapere, che tutta la bellezza del mondo e del cielo che cerca si trova in tutta la terra e in tutto il cielo. Non può sapere che la sua vita fiorirà se non consentirà a quella prima dimensione vocazionale di assorbire e "mangiare" tutto il resto. Non lo sa, e non lo può sapere. Ma i saggi responsabili della sua comunità lo devono sapere. Sanno, devono sapere, che la fioritura e i frutti maturi di una vocazione dipendono dalla possibilità che quella persona ha, fin dall’aurora del suo nuovo giorno, di sviluppare tutte le dimensioni della sua identità che è sempre multipla. (...) 
  • Qua occorre davvero farsi un vero esame di coscienza e anche interpellarci per capire come formiamo o sono formati i nostri dirigenti. Da questa analisi del Bruni si evince che il problema di una mancata maturità vocazionale sia da ascriversi a chi di queste vocazioni è responsabile. 

  • Come mai i responsabili dei focolari non sono in grado di promuovere la molteplicità di dimensioni dell'identità dei focolarini/e? 

  • È in questo senso che è necessario avere dei responsabili formati, che sappiano cioè non fare un uso talebano del Vangelo ma abbiano in cuore prima di tutto il benessere psico-spirituale delle anime che hanno affidate. 

  • Non abbiamo forse nella nostra storia accordato con troppa facilità e talvolta superficialità la responsabilità a persone che non erano adeguatamente formate? 
(...) Ma è proprio questo tipo di saggezza a scarseggiare nelle comunità ideali e carismatiche, perché è troppo rischiosa e libera per convivere con le regole e le procedure del buon governo "prudente". Troppe volte i responsabili invece di aiutare le persone ad allargare il cuore e ad aprire le finestre di casa, incoraggiano la monocoltura e la raccomandano come la sola strada buona per mettere solide basi alla vocazione. E così le persone, soprattutto quelle più belle e radicali, si ritrovano incoraggiate a "mangiare" tutte le dimensioni della propria umanità per nutrirne solo una, che dopo qualche anno muore per esaurimento del cibo. La formazione viene ridotta a sola formazione funzionale a quella unica dimensione. Le letture e i testi consentiti diventano tutti molto, troppo, simili. Negli "esercizi spirituali" vengono invitati soltanto esperti di spiritualità e teologia, e tutte le altre bellezze del mondo restano via via sempre più sullo sfondo di una vita che si impoverisce, perché perde progressivamente e radicalmente biodiversità, fecondità, generatività.(...) 
  • Qua Luigino Bruni si vede proprio che parla per esperienza e propone un ritratto sofferto ma nitido di tanti dei nostri focolari e della prassi incauta dell'accompagnamento delle anime. 

  • Come mai prevale la monocultura focolarina fatta solo di letture dei testi di Chiara, di incontri e ritiri spirituali solo fra membri dei focolari, una chiusura la mondo che invece sarebbe dovuto essere il terreno di gioco privilegiato? 

  • Come mai ci si rinchiude in focolari, cittadelle, mariapoli, alla fine sempre e comunque solo un contesto che ci assicuri di stare "tra di noi"? Che sia questa la nostra vera "malattia"?
(...) le vocazioni a una sola dimensione arrivano a una grande crisi, ma è una crisi radicalmente diversa da quella buona della maturità. Queste crisi sono avvertite soprattutto da chi le osserva dall’esterno – amici, genitori, fratelli, sorelle. Vedono i loro amici e figli appassire, scomparire dai loro occhi la luce dei primi anni.

(...) chi vi è dentro non riesce a comprendere che cosa gli sta capitando, perché gli mancano le categorie per leggere correttamente quanto vive. Avverte la diminuzione di generatività, di gioia, di entusiasmo per la vita, ma usa lo stesso repertorio "spirituale" per interpretarla, e cerca le soluzioni negli stessi testi e nelle stesse fonti che però da tempo si sono esaurite. Sono esperienze di grande dolore muto, dalle quali è molto difficile uscire.
(...) 
  • Quanta sofferenza, non nascondiamoci dietro un dito ma chiamiamo a raccolta tutte le nostre energie e risorse per porvi rimedio. 

  • Quanti focolarini e focolarine "soprattutto quelli più belli e radicali" come ben dice Luigino abbiamo perso lunga la strada?

  • Possibile che non ci sia un modo di curare questa ferita che ci riguarda tutti e tutte?  
(...) Le comunità che non sanno generare le prime crisi buone della maturità si ritrovano inevitabilmente a gestire soltanto le cattive crisi dell’appassimento. Non è altro che la legge della vita (...) 
  • Purtroppo è verissimo. Forse è l'ora della maturità nel senso che dovremmo affrontare tutte queste domande dolorose e cercare di trovare le risposte giuste che ci permettano di andare avanti con rinnovata serenità. 

Commenti

  1. Pensate che questo infantilismo permane ancora oggi in foc sposate..mogli e madri che però non sanno prendere decisioni se prima non si consultano con la loro capa..ma NON con il marito..fa tanto foc... non moglie

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  2. Se tutti dovevano avere un'unica idea, un solo pensiero..perché gli apostoli, Marta e maria ecc. sono così diversi fra loro e..notare che sono stati- scelti- diversi- l'uno dall'altro..persino Gesù ha voluto che fosse così, NON tutti uguali

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  3. La paura -inculcata- del la fuori è tutto brutto e sporco..solo tra di noi vi può essere del buono, così è nato il primo gravissimo errore (1) . Ora provate a immaginare il cenacolo da cui però gli apostoli non uscirono mai..ecco il mov dei foc è quel cenacolo che tiene le porte chiuse e tiene dentro di se le persone..non permette loro di uscire, gli apostoli sono usciti ed è nato il cristianesimo il mov continua a tenere chiuse le porte..e si sta sfasciando (1) e per favore non mi si dica che non è vero perché ho sentito io foc ripetere - si però non sono focolarini- cioè noi siamo il meglio del meglio

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